George R.R. Martin è l’autore di quella che per me, e molti altri, è la saga fantasy più epica di sempre. Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono un torbido insieme di intrighi politici, lotte di potere e passioni brucianti che hanno attratto milioni di lettori in tutto il mondo e sono state trasposte in una delle serie televisive più belle che abbia mai visto, ovvero Game of Thrones dell’HBO.

Martin però un un incubo di scrittore. Nel senso che all’inizo era riuscito a far uscire i primi tre volumi della saga a distanza di due anni l’uno dall’altro, nel 1996 A Game of Thrones, nel 1998 A Clash of Kings e nel 2000 A Storm od Swords. Poi il dramma.

Che cosa è successo? È successo che Martin si è accorto che tre libri non bastavano a contenere le gesta degli Stark, dei Lannister, dei Targaryen e dei Guardiani della Notte e ha deciso che la pianificata trilogia sarebbe diventata una serie di sette libri (che dalla regia mi dicono si chiama “eptalogia”, sapevatelo). Insomma, dopo ripianificazione, mezzo blocco dello scrittore e scazzi vari con l’editore, esce nel 2005 A Feast for Crows, che mi duole dirlo, è una mezza ciofeca di libro. Martin ha deciso che avere meno di dieci personaggi POV (Martin usa una stupenda terza persona con punto di vista limitato) non era abbastanza cool e, mandati in pensione alcuni dei personaggi più amati, ha cucito la storia attorno ad altri punti di vista e ha inoltre creato una serie di sottotrame che possono essere sintetizzate in “gente che vaga a caso per Westeros”.

Cocente la delusione, ma non c’è da preoccuparsi, perché in una nota alla fine di AFFC lo stesso Martin annunciava:

Tyrion, Jon, Dany, Stannis e Melisandre, Davos Seaworth e tutti gli altri personaggi che amate, o odiate, arriveranno l’anno prossimo (spero ardentemente) in A Dance With Dragons[…].

E come dice mia nonna, “chi vive sperando…”. A Dance With Dragons ha visto la luce nel luglio di quest’anno, dopo la bellezza di sei anni di continui rinvii. L’attesa era grande e così è stata anche la delusione di critica (per lo meno, di quella non compiacente) e pubblico, tanto che il romanzo di è presto guadagnato il soprannome di A Disappointment With Dragons. Ok, quest’ultima parte potrebbe essere solo una mia invenzione. In questo caso reclamo il copyright sul nome.

Quindi, un brutto libro “di congiunzione” come il suo fratellino sfigato AFFC? ADWD è da buttare? Le Cronache sono definitivamente andate a ramengo? Diamoci un’occhiata.

La scheda del libro

A Dance With Dragons di George R.R. Martin (In italiano spezzato in I guerrieri del ghiaccio più altri due libri i cui titoli sono al momento sconosciuti)

Pubblicato da… non lo so sinceramente, io ho l’edizione dell’Harper Collins, Kiwipedia dall’alto della sua saggezza mi dice Bantam Spectra

Anno 2011

Pagine 959 (liste dei personaggi escluse, altrimenti 1016)

Il libro su Amazon

Piccola noterella prima di procedere: di solito spoilero i libri che è una meraviglia, principalmente perché non posso prendermi gioco della trama se non la rivelo per intero. In questa recensione cercherò di limitare gli spoiler al minimo indispensabile. Ma se non volete sapere che cosa è successo durante le Nozze Rosse, saltate direttamente alla conclusione.

Intanto vi ricordate le previsioni che ho fatto qualche post fa? Ecco, ne ho beccate solo tre e ho azzeccato un solo nome nella lista dei morti.

Troll Martin ha colpito ancora!

La danza dei POV

Dunque, in questo quinto volume abbiamo la bellezza di diciotto personaggi POV, inclusi i due di prologo ed epilogo, e sono: Varamyr Sixskins (nel prologo); un redivivo Tyrion Lannister in fuga dalle grinfie di Cersei; Daenerys Targaryen, madre di draghi e ora regina di Meereen; Jon Snow, figlio bastardo di lord Eddard Stark e Lord Comandante dei Guardiani della Notte; Bran Stark, erede legittimo di Grande Inverno, che è in viaggio oltre la Barriera alla ricerca del corvo a tre occhi; Quentyn Martell, figlio di Doran Martell, principe di Dorne, alla ricerca di Daenerys; Davos Seawoth, Primo Cavaliere di re Stannis, imprigionato presso i Manderly di White Harbor (e dato per morto nel libro precedente); il mitico Theon Greyjoy, ostaggio del bastardo di Bolton; un personaggio che chiamerò Griff e sul quale non dirò nulla, perché sarebbe come rivelare il Secret Companion di Dragon Age: Origins; Asha Greyjoy, tosta ma poco presente; Melisandre di Asshai, per una breve comparsata; l’inutile Areo Hotah, testimone di eventi più interessanti di lui a Dorne; Arya Stark, sempre più WTF; Jaime Lannister, per una breve comparsata con cliffhanger incorporato; una Cersei Lannister in stato di grazia (in tutti i sensi); Barristan Selmy, Primo Cavaliere della regina Daenerys; Victarion Greyjoy, che avrebbe potuto essere tagliato via dall’editor; e Kevan Lannister (nell’epilogo).

Il primo commento è: che folla. E in effetti molti dei personaggi POV sono presenti solo per uno o due capitoli (Jaime, Cersei, Asha, Arya, Bran) e la storia principale si snoda tra la Barriera, Meeren e le Città Libere attorno alle avventure di Tyrion, Daenerys e Jon, che tuttavia sono tirate troppo per le lunghe e zeppe di episodi se non ininfluenti, quantomeno noiosi da leggere. Leggere i primi tre volumi delle Cronache significava dover stare dietro ai personaggi e alle loro imprese, perché alla minima distrazione rischiavi di perdere chi era alleato con chi, aveva conquistato cosa, chi tentava di stuprare Kahlan… ah, no, quella è un’altra saga. In sostanza A Feast for Crows prima e A Dance with Dragons adesso sono dominati dalla staticità delle trame e dei personaggi, e la staticità spesso porta alla noia (che conduce al Lato Oscuro della Forza). Forza, Martin, il popolo richiede bagni di sangue!

Ma andiamo per gradi. La prima metà del libro, che cronologicamente si svolge in contemporanea con gli eventi di A Feast for Crows, è molto interessante e acchiappa il lettore, perché giustamente gli vengono svelati i destini di personaggi che non vedeva dalla bellezza di undici anni.

Così Tyrion, protetto dall’ennesimo intrigo di Illyrio Mopatis, è sempre il solito nano dalla lingua veloce, ma questa volta la sua parte più oscura e sofferente, quella che sa di apparire, appunto, solo come un nano agli occhi della gente, esce fuori con più chiarezza. È sempre bello incontrarlo, ma ragazzi se gli eventi di ASOS lo hanno cambiato… E, non c’è modo di indorare la pillola ai fan del Folletto, è diventato un po’ l’ombra di sé stesso, ma è senza dubbio colpa dell’arco narrativo tirato per i capelli come nemmeno i vagabondaggi di Arya nei due libri precedenti sono stati. E, sì, c’è un colpo di scena stratosferico, uno di quelli in grado di cambiare le carte in tavola nel gioco dei troni, in uno dei capitoli che riguardano Tyrion, ma anche questo è ben presto affogato dalla noia.

Daenerys, solo in apparenza saggia e matura, sta affrontando i problemi del potere, ora che governa su una città in cui le ricche famiglie da lei spodestate non la vedono di buon occhio.

Volete sapere quanto avverte il peso del governo la giovane Targaryen? Ebbene:

By midday Daenerys was feeling the weight of the crown upon her head, and the hardness of the bench beneath her.
[…]
The slippers the Butcher King had sent her had grown too uncomfortable. Dany kicked them off and sat with one foot tucked beneath her and the other swinging back and forth. It was not a very regal pose, but she was tired of being regal. The crown had given her a headache, and her buttocks had gone to sleep. “Ser Barristan,” she called, “I know what quality a king needs most.”
“Courage, Your Grace?”
“Cheeks like iron,” she teased. “All I do is sit.”
“Your Grace takes too much on herself. You should allow your councillors to shoulder more of your burdens.”
“I have too many councillors and too few cushions.”

SYMBOLISM!!!!

Jon Snow, invece, si trova nella difficile situazione di trovarsi tra i piedi Stannis Baratheon. Deve anche fare i conti con il Popolo Libero che, sconfitto Mance Ryder, si ammassa alla Barriera. La situazione è tesa, tanto che Jon si troverà anche costretto ad amministrare un po’ di giustizia, nel modo che gli ha insegnato babbo Ned Stark, ma i capitoli che lo riguardano sono principalmente pieni di chiacchiere diplomatiche inutili e poca, pochissima azione. Ci sono due o tre momenti interessanti, merito di Melissandre, ma sono talmente diluiti che quasi si fa fatica a coglierli. Ah, e ve lo dico subito, la storia di Jon termina con un cliffhanger che vi farà mangiare le dita delle mani e inveire contro Martin per le due-tre ore successive alla fine della lettura.

Tra i coprotagonisti, ovvero i personaggi che sono presenti per cinque capitoli o meno, la palma d’oro di personaggio scritto meglio va senza ombra di dubbio a Theon Greyjoy, che dopo sei mesi di sadiche torture da parte di Ramsay Bolton deve affrontare un viaggio tra i fantasmi del passato e cominciare quello che spero sia un percorso di redenzione che lo poterà ad espiare le sue nefandezze. Le scene di Theon tra le rovine di Grande Inverno sono un momento particolarmente intenso e duro da leggere, specie per i fan della serie.

Poi c’è Cersei, e qui Martin fa davvero il miracolo, quello che non era riuscito a fare in tutti i capitoli a lei dedicati in A Feast for Crows. Ora, all’improvviso, provo qualcosa per la regina reggente dei Sette Regni che non sia il fastidio. Non che succeda chissà cosa, semplicemente, per espiare i suoi peccati, l’Alto Septon la costringe a fare una sorta di via crucis tra le strade di Approdo del Re, mentre il popolino le grida le peggio cose. Durante il tragitto, Cersei cade tre volte… Ma aspettate un momento, chi era quel tizio barbuto che ha fatto una cosa simile in un altro romanzo fantasy famosissimo…? Oh Gesù, è Gesù: terza, settima e nona stazione della via crucis. Il percorso di Cersei è un rimando alla via crucis. Anzi, è un altro simbolismo grande come un capodoglio!

Martin, santo cielo, che cosa hai in mente di farne di quella donna?

Per il resto, giudico Quentyn Martell un’occasione sprecata, Bran un incontro troppo breve, Arya un altro passo verso l’abisso, Aero un grosso chissenefrega, Jaime una storia che promette bene… nel prossimo libro e Asha un bel personaggio poco sviluppato e penalizzato da una storia che non va da nessuna parte.

In conclusione

Non ho mica capito perché questo libro è accusato di essere una delusione. È un buon romanzo di raccordo tra la Guerra dei Tre Re e quello che accadrà una volta che l’inverno si sarà scatenato con tutta la sua ferocia. In una scala dove A Clash of Kings è il mio preferito e A Feast for Crows quello che vorrei dimenticare di aver letto, questo A Dance with Dragons si colloca nel centro esatto.

Forse non è piaciuto perché le vicende del Trono di Spade sono ancora una volta messe in secondo piano, ma a me questa storia che “chi siederà sul trono di spade?” sia la domanda da un milione di dragoni d’oro a cui la saga deve assolutissimamente rispondere non convince proprio. Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è una storia a molti livelli che parla di potere e sopravvivenza, non di quale paio di regali chiappe toccano il regale scranno. I personaggi ormai agiscono più sulla base della loro personalità, si adattano agli eventi che li circondano, anziché a un canovaccio prestabilito. Sì, può sembrare che ci sia un allungamento del brodo (ok, in alcuni punti è un dato di fatto, sono d’accordo coi detrattori), ma per me è solo apparente. Pensateci bene: quanti eventi che hanno causato migliaia di morti nei libri precedenti sono stati causati da un’azione che sembrava di scarsa importanza?

Per me leggere questo libro è stata una bella esperienza. Certo, avrei preferito un colpo di scena a ogni pagina e una montagna di cadaveri sanguinolenti sparpagliati da tutte le parti, ma l’impressione generale è stata positiva. Per fare un paragone, quando ho letto A Feast for Crows mi sono sentito come se mi avessero invitato a una festa dove non conosco nessuno. A Dance with Dragons, invece, è più simile a un’uscita con dei vecchi amici che non si vedevano da tempo. Ecco, la sensazione è stata questa.

Lo scioccante epilogo, almeno per quanto riguarda un personaggio POV, e le carte intavola completamente mischiate da un altro personaggio introdotto in questo libro, hanno lasciato molte pote aperte, e in quanto fan (dell’ultima ora) della serie, spero che Martin abbia superato i suoi problemi di gestione della serie e che la Fatina del Fantasy sia più clemente con lui di quanto non lo è stata con Robert Jordan.

Detto questo, come ci ha sempre ricordato fin dall’inizio Eddard Stark, prepariamoci, perché l’inverno è arrivato.

Voto finale