È estate, fa caldo, ho centomila cose da fare e poca voglia di farle, il mio vicino pare abbia deciso di trascorrere luglio trapanando alle sette del mattino e mi pesa l’anima a leggermi un’altra fetecchia scritta da Goodkind. Per cui beccatevi questo articolo riempitivo.
Un articolo riempitivo a proposito delle dieci cose che mi fanno incazzare quando leggo un romanzo. La premessa è che mi trovo a contatto praticamente ogni giorno con pessimi romanzi, un po’ per sfiga, un po’ per sadomasochismo, e ultimamente comincio ad averne un po’ piene le cosiddette. Non penso che questo post abbia valore pedagogico. Non ho intenzione di mettermi qui a spiegare come scrivere decentemente un romanzo, per lo meno non ora. Voglio semplicemente far sapere a te, giovine scrittore italiano di belle speranze, che se nel tuo romanzo/racconto è presente anche uno solo di questi dieci tratti che mi appresto a elencare, ebbene, sei una persona peggio e hai tutta la mia deprecazione.
10) I due punti
Ho un problema coi due punti, penso siano un segno di interpunzione non indispensabile e spesso abusato. Dipendesse da me li eliminerei del tutto. Tranne in un caso, ossia quando servono a introdurre un discorso diretto. E anche quella è una cosa che sconsiglio caldamente di fare, se non quando si vuole caricare la frase tra virgolette di particolare solennità.
Si tratta comunque di un gusto personale. Non amo i due punti, non amo i punti esclamativi, non amo i punti e virgola. Non sono ancora al livello di Cormac McCarthy o di George Bernard Shaw (che deprecava gli apostrofi), ma, insomma, potrà starmi sulle palle qualche segno di punteggiatura non indispensabile e francamente abusato, no?
Vuoi scrivere? Bene, scrivi frasi semplici, con il minor numero possibile di subordinate.
9) La storia d’ammmoreH perchè la trama dice così
Da che mondo è mondo una storia d’ammmmoreH non si nega a nessuno, qualsiasi genere sia il libro che si sta leggendo. Può capitare che la storia in questione sia funzionale alla trama, che sia la trama stessa, che serva a creare conflitto o che sia lì solo per caratterizzare un personaggio. E poi c’è la storia d’ammmoreH messa lì solo perché a) la storia d’ammmmmoreH ci deve essere e b) la sua presenza serve ad allargare il mercato potenziale di un determinato romanzo rendendolo appetibile anche al pubblico femminile. Non è un discorso sessista – e anche se lo fosse, ‘sticazzi – ma semplicemente la constatazione di un dato di fatto. La storia d’amore sempre più spesso è un mezzo becero per allargare l’audience di un romanzo e renderlo più marketizzabile.
E quando ciò succede, si sente da morire.
8) Show don’t tell pesante
Lo so che c’è gente che ritiene lo show don’t tell una seccatura da puntigliosi, ma quando è troppo, veramente troppo, si sente. E fa schifo. Non sto parlando di chi si incristisce quando legge di drappeggi “riccamente decorati”, no, a me quello non dà fastidio. Sto parlando proprio delle basi.
Quando leggo “Mario era triste”, “Romualdo era felice”, “Adalgisa era preoccupata” mi sale l’urto del vomito. Perché è una cosa di una pigrizia sconcertante.
Il motivo per cui molti insistono, quando si parla di buona scrittura, sullo show don’t tell è che l’autore che dice e non mostra in sostanza dà istruzioni al suo lettore sulle emozioni che deve provare in un dato momento. Quando in un testo leggo “Mario era triste” l’autore mi dice “Guarda com’è triste Mario. Dispiaciti per lui, stupida merda!”.
Il problema è che a molti lettori non fa piacere ricevere direzioni così palesi sulle emozioni che devono provare di fronte a un testo. Mario è triste, d’accordo, ma non puoi tu autore trovare un altro modo per comunicarmelo? Un modo in cui io lettore arrivi a provare empatia con il personaggio – e quindi a interessarmi del fatto che sia triste anziché prendere la cosa come un dato di fatto imposto dall’alto dei cieli da un autore troppo negato per “farmi vedere” ciò che scrive.
7) Incipit scritti a culo
Sapete di cosa sto parlando. Mi capita spesso di leggere una badilata di fantasy e quello degli incipit scritti a culo è un problema che li accomuna quasi tutti. In genere perché gli autori di belle speranze sono convinti che il fantasy sia un genere particolarmente solenne e richieda pertanto un’apertura aulica.
Breaking news: è un genere come tutti gli altri.
Non mi interessa una beata fava di leggere un intero capitolo che parla della genesi dell’universo o di come il grande impero di ‘sto gran cazzo abbia conquistato il potere per poi collassare su sè stesso e frammantarsi in una serie di piccoli staterelli confederati in perenne lotta tra loro.
Una delle regole pià importanti della scrittura, e che gli scrittori spessissimo dimenticano, è che non si scrive per vincere il premo Pulitzer per la fiction così come non si scrive per fare avere un orgasmo ai vuminghi. Si scrive affinché il lettore possa dire: “Cazzo, che figata!”. E per far succedere ciò non c’è bisogno di scrivere un romanzo che fantasy che in realtà è l’allegoria della decadenza del capitalismo nella società contemporanea.
Bisogna. Far. Succedere. Qualcosa.
A cominciare dall’incipit. Lasciate perdere la backstory, cestinate l’infodump, eliminate tutte le informazioni non richieste. Prendete un protagonista, affibbiategli dei tratti di personalità che lo facciano legare con il lettore, e mettetelo in una situazione di conflitto. Ecco, catturato l’interesse del lettore. Visto che non è difficile?
6) Bello = buono, brutto = cattivo
Questa è una cosa che mi è capitato di leggere nei romanzi degli scrittori più scadenti, il vecchio paradigma de i buoni sono tutti belli e i cattivi sono tutti brutti. O, per riformulare meglio, tutti quelli che vogliono male al protagonista sono brutti, come se il solo fatto di non amare alla follia il personaggio principale (che di solito è un alter ego dell’autore) fosse una colpa punibile con l’imperitura bruttezza.
C’è una notevole eccezione in quei paranormal romance in cui il cattivo è seducente e quindi bello come il sole un angelo decaduto. Ma anche lì, non è veramente un cattivo, quanto più una figura di seducente tentatore.
Quasi nessuno scrive di protagonisti brutti, sfigurati, senza un braccio, con un carattere di merda (volontariamente, perché spesso e volentieri una buona fetta dei protagonisti di certi libri sono intollerabili, ma ciò accade perché l’autore è pessimo nel settore caratterizzazione) o, dio ce ne scampi, paralitici. Il che, a ben pensarci, è ridicolo. Perché sei uno scrittore, dovresti essere alla ricerca del conflitto, e cosa crea conflitto meglio di un serio difetto fisico/psicologico che colpisce il protagonista? Sul serio, che problemi vuoi che abbia una strafiga o la sua controparte maschile? I problemi che ha Bella di Twilight: che tutti la amano e ha tropp inviti per il ballo scolastico. Sai che tragedia…
5) Il fottuto Predestinato
Questo è qualcosa che chiunque legga fantasy conosce e schifa. Il Predestinato è colui che, solo tra tutti i mortali, può compiere questa difficilissima missione e salvare il genere umano dall’Evil Overlord di turno.
Perché lo odio? Rientra nella discussione che il protagonista, per essere degno di considerazione, dovrebbe come minimo presentare alcuni tratti che lo rendano normali. Uno è la personalità, di cui al punto sopra, e un altro è la motivazione. Il protagonista non deve fare ciò che fa perché sì, ma perché ha un interesse personale nel farlo.
Situazione: l’esercito dei temibili orchetti-superdotati-con-le-corna-da-cervo sta invadendo Boscoquieto perché sono cattivi ed è quello che i cattivi fanno (vedi punto 3). Il buon Gary Stu è il figlio di un taglialegna che vive proprio a Boscoquieto quando arriva la notizia che l’esercito degli orchetti-superdotati-con-le-corna-da-cervo è a due giorni di marcia dal borgo. A un certo punto arriva Romualdo, un uomo che dice di essere un mago (e deve essere per forza un mago, perché ha la barba a punta), che comunica al buon Gary Stu che lui e solo lui, in quanto discendente della stirpe imperiale che un tempo fondò il grande impero di ‘sto gran cazzo (quello che poi è collassato su sé stesso, frammentandosi in una miriade di staterelli), è in grado di fermare l’orda degli orchetti-superdotati-con-le-corna-da-cervo.
In nove romanzi fantasy su dieci Gary Stu accetta il suo destino e diventa il Prescelto.
Nel fantasy che vorrei leggere Gary Stu guarda Romualdo e gli dice:
E prende la sua famiglia e si mette in salvo. Perché è quello che una persona normale farebbe. Ora, capisco che non titti i romanzi, specialmente quelli di speculative fiction, debbano parlare di persone normali. Lo straordinario è proprio quello che si cerca quando si leggono determinati generi. Ma affrontare da soli un esercito di orchetti-superdotati-con-le-corna-da-cervo solo perché te l’ha detto un vecchio pedofilo non è straordinario, è stupido. E non mi piace leggere di gente stupida.
4) I buoni vincono sempre
Non fraintendetemi, non ho niente in contrario agli happy ending, anzi, quando trovo un protagonista per cui tifare (non tutti i protagonisti si meritano ciò) sono il primo a desiderare che, alla fine della storia, tutte le cose gli vadano per il verso giusto.
Ma ci sono alcune storie in cui il lieto fine stona. Sono quelle in cui è forzato perché l’autore non se la sentiva di far perdere i buoni. Eppure, realisticamente parlando, è proprio quello che succede nella vita di tutti i giorni: di rado i buoni vincono e i cattivi ricevono la giusta retribuzione per le loro nefandezze.
Senza contare che poi il far vincere sempre i buoni implica spesso l’utilizzo di espedienti quali il deus ex machina che risolve magicamente la situazione, il che è ancora peggio. In realtà ora non sto pensando a un libro ma al finale della seconda stagione di Misfits (che non spoilero). Ecco, quello è un esempio perfetto.
3) Il cattivo ammazza i coniglietti
Odio quei romanzi in cui l’unico tratto distintivo del cattivo è essere cattivo perché sì. La cattiveria fine a sè stessa o derivante da una visione distorta e grottesca della realtà è stupida. HURR DURR I WANNA CONQUER THE WORLD!
Ancora una volta, in un mondo realistico, i cattivi, perfino gli Evil Overlord, sono comunque persone dotate di una caratterizzazione psicologica. Ergo, devono avere delle motivazioni.
Il Signore della Fortezza Oscura vuole conquistare il mondo lasciando dietro di sé solo desolazione e morte? Ok, ma perché? E, no, non mi accontanto di “perché vuole dominare il mondo”. Il cattivo deve essere spinto da una motivazione sensata – sia essa pratica come un casus belli, oppure derivata dalle caratteristiche psicologiche intrinseche al personaggio. I “cattivi” nelle Cronache di Martin, ad esempio, sono quasi sempre motivati da bramosia di potere, mentre un villain in cui il movente è morale e psicologico, ma non per questo messo lì a cazzo, è Anton Chigurh di Non è un paese per vecchi.
Insomma, odio quando il cattivo per affermare la sua cattiveria risolve di ammazzare i coniglietti. Preferisco una seria caratterizzazione psicologica.
2) Dialoghi che suonano falsissimi
Questo è un problema che accomuna il 90% degli autori italiani che ho avuto la possibilità di leggere. Gente, nessuno parla nel modo in cui scrivete. Nessuno.
Nel mondo reale la gente non fa monologhi di una pagina né racconta la propria backstory, né si sofferma a fare infodump. Nella vita di tutti i giorni nessuno usa termini troppo complessi o una costruzione del periodo particolarmente elaborata. Quando parla, la gente normale non suona come un libro stampato. La gente normale usa modi di dire, espressioni particolari, inside joke, si impappina, si ripete, commette errori, si blocca a metà frase.
OMG, sarà mica caratterizzazione del personaggio? Proprio così, miei cari, proprio così.
1) Esopo, esopo, esopo
Ma la cosa che mi fa incazzare più di tutto-tutto-tuttissimo-per-dieci-alla-nona quando leggo un romanzo è la morale, specialmente se viene infilata a forza nella testa del lettore.
O meglio, quando la morale non deriva dalla storia ma la storia deriva dalla morale. Un autore che prima si dice: “Dovrei parlare della situazione di instabilità economica in cui vertono i lavoratori precari e della società postcapitalista che l’ha causata” e poi decide di farlo in un romanzo fantasy/horror/fantascientifico non si merita l’appellativo di scrittore. Forse pallone gonfiato con il vezzo dell’imbrattare carte, ma anche su quello ho i miei dubbi.
Non è una sorpresa trovare la necessità di avere a tutti i costi una morale anche se questa va a discapito della storia al primo posto di questa top 10, del resto ci avevo già rantolato sopra a gennaio. Eppure continuo a trovarmi di fornte a gente che non ha capito che asservire la storia alla costruzione di una morale non solo è sbagliato, ma rende anche il prodotto finale una schifezza. Nel rant di sei mesi fa concludevo con:
Il fantastico italiano farebbe meglio a trattenersi dall’esplorare e sviscerare temi di impatto politico, culturale e sociale non perché detti temi non gli appartengono direttamente, ma perché, prima di tutto, non si può assegnare la trattazione di qualcosa di così importante ad autori che non sono in grado neanche di fare buona narrativa.
Perché, per me, la narrativa dovrebbe funzionare così: prima scrivi una storia non decente ma ottima, cioè fai il tuo lavoro di scrittore, e poi – e solo poi – puoi permetterti il lusso di affrontare divagazioni filosofiche.
E ora non posso che autoquotarmi.
But wait, there’s more!
Punto bonus: se hai quattordici anni (anche mentali), una vagina e un surplus di ormoni, non scrivere MAI di vampiri, demoni e altre creature soprannaturali.
Also, le fan fiction sono il male. Perché lo dico io. E perché è vero.
“Nel mondo reale la gente non si sofferma a fare infodump. Nella vita di tutti i giorni nessuno usa termini troppo complessi o una costruzione del periodo particolarmente elaborata.”
Se conoscessi Ivan capiresti che ogni tanto invece succede XD
Ma Iwano è una persona peggio infatti °__°
Mi mancavano proprio questi post, ormai sono l’unico motivo valido per cui mi connetto (eccetto il porno ovviamente). Comunque continua a scrivere recensioni, a rantolare e altro, in periodo estivo, sapendo cosa trasmettono in tv, sono l’unica cosa interessante.
E il bello è che dico sul serio, non sto scherzando.
Post grandioso. Sottoscrivo pure i punti e virgola e i due punti! XD
Concordo su tutto. L’ “8) Show don’t tell pesante”, fa capire che odi chi mostra, piuttosto che il contrario. Semmai “Tell, don’t Show pesante”?
Ah, ti do un undicesimo motivo che sicuramente condividerai:
11) Scene narrate senza ricerche di sfondo.
Ovvero, quando dal testo appare evidente come una testata sul naso che l’autore sta scrivendo qualcosa di getto, improvvisando, e che eventuali revisioni non hanno messo alla prova né hanno tenuto conto della coerenza di certi fatti.
Per esempio, nei fantasy non ci si informa in primis su questioni relative alla militaria, strategie ecc., in secundis relativamente alla politica, alla società, alla “banalissima” logica, alla fisiologia, alla psicologia, ecc.
Devo essere sincero sul punto 11: dipende. Dipende da quanto lo fa suonare verosimile chi scrive e da quanto sono fissato io con l’argomento. Questo comunque non dispensa gli aspiranti autori di fantasy all’amatriciana dalla lettura, per lo meno, di qualche saggio di storia economica medievale (tipo quello del Cipolla) e in generale sulla società del tempo, per lo meno per non scrivere boiate che non stanno né in cielo né in terra e che sono giustificabili solo con un “tanto è fantasy”.
>>se hai quattordici anni (anche mentali), una vagina e un surplus di ormoni, non scrivere MAI di vampiri, demoni e altre creature soprannaturali.
‘Spè, tutte insieme o singolarmente? ò_ò
Comunque sottoscrivo potentemente i suddetti punti e rilancio di traduzione scadente, personaggi caratterizzati con lo sputo e ‘Siamo tutti circondati da un’orda di demoni famelici che vogliono nutrirsi con la nostra carne e usare le nostre ossa come stuzzicadenti, ma oh, ecco che Svalgosgard il Feroce giunge in nostro soccorso!’.
E le ripetizioni ossessive. Tipo ‘inoltre, aveva una cicatrice. Ma aveva una cicatrice. La sua cicatrice riluceva al sole. Il braccio adornato da una sottile cicatrice. Ma aveva una cicatrice, eh.’
Gli infodump nell’incipit sono il motivo per cui all’inizio di ogni romanzo fantasy prendo un bel respiro e avanzo con cautela, tastando prima il terreno. Come dire, il fatto di aspettarseli in qualche modo rende vagamente più sopportabile la loro presenza… ma solo vagamente, sia chiaro. Quello che proprio non sopporto, e per cui non c’è preparazione che tenga, sono i cugini degli incidump: i flashback (peggio ancora se al retrogusto di spiegone). Il protagonista farà in tempo a prendere quella freccia da terra e tirarla al suo acerrimo nemico prima che le spade dei quattro attorno a lui gli facciano a dadini la spina dorsale? Me la descrivi al rallentatore, e mi sta bene: ma perchè ci devi infilare pure lunghe riflessioni dell’arciere sulla sua infanzia a Castel Doveboh in cui giocava spensierato tra i campi? Ecco, insomma… maledette rovesciate di Holly e Benji.
Ho una domanda (genuina): come introdurre il lettore all’ambientazione senza dei, per quanti leggeri, infodump? Se tu vuoi sapere il perché “il cattivo sia cattivo” devi raccontare il suo passato (o la sua psicologia, in un modo o nell’altro); allo stesso modo, non ti interessa sapere “perché il mondo è così com’è”?!?
(anche se, a ben pensarci, non mi sono fatto molte domande quando ho letto LotR… solo che poi, quando ho letto il Silmarillion, sono stato molto più contento di capire come e perché i personaggi (e il mondo) erano quello che erano).
ps: “maledette rovesciate di Holly e Benji” è il motivo per cui odio i flashback. xD
Beh, ci sono svariati modi più “aggraziati” per comunicare al lettore determinati retroscena che non un enorme capitolo a inizio romanzo (al posto dell’azione) in cui viene raccontata la genesi del mondo. Dare informazioni non è mai male, anzi, il problema è quando, per inesperienza o inosservanza delle regole di buona scrittura, si “scarica” tutto addosso al lettore.
Ti prego dimmene un paio di questi modi alternativi e hai risolto un dubbio che mi attanaglia da quando scrivo fantasy. T_T
(chiaramente assumo che “un enorme capitolo” in mezzo al romanzo non sia una soluzione che ritieni valida, no?) 😉
Il trucco sta nel diluire e, soprattutto, nel fornire al lettore le informazioni di cui necessita – non quelle di cui crediamo abbia bisogno, perché altrimenti è come se lo si ritenesse stupido, ma proprio quelle che sul serio gli servono per capire cosa cavolo sta leggendo.
E, cosa fondamentale, la backstory – che ci deve essere, eh – non deve mai mai e poi mai andare a discapito dell’azione. Usare un prologo ricco d’infodump è un crimine contro l’umanità e fantasylandia perché l’inizio del libro dovrebbe acchiappare il lettore, facendolo connettere sia con il protagonista sia con la storia, non dovrebbe fargli venire voglia di strapparsi le palle a morsi.
Ewan, però ce le scrivi le recensioni dei libri di goodkind, vero? Non tutte insieme, però le scrivi? Vero? Tipregotipregotipregotipregotiprego! *___*
Ti dico solo che sono sei mesi che sto lavorando sul sesto e mi sono arenato intorno a pagina 70 e_e
Blart lo fa .w. Non serve a molto, visto che Romualdo se lo porta dietro comunque, ma lo fa.
Perché mi ha tagliato un pezzo di commento? ç_ç
Mi riferivo al punto cinque. E, volendo, Blart ci sta anche nel punto sei.
Sono d’accordo anche io sul predestinato. Muori predestinato!! Dorei che la storia del predestinato viene usata quando lo scrittore non sa come far finire il personaggio principale dentro la storia. Il che accade quasi sempre.
Invece: i: due: punti: mi: piacciono: molto. Scherzo. Io li uso spesso ( qualche volta troppo spesso) ma possono essere utili. Il punto e virgola invece non lo concepisco: (!) o usi un punto o una virgola!
Il peggio però è proprio quando tutti i cattivi sono brutti e i buoni belli. Cosa è?Unafavola dei fratelli Grimm?
(Fra l’altro: esiste qualcosa di più diseducativo delle favole dei fratelli Grimm?)
Hei, ma sono sempre io! E allora in tutto quello che hai scritto trovo un problema.
Io odio le storie piene d’amore, che è onnipresente mannaggia a lui, soprattutto quelle dove non si dice altro che “tu sei la mia vita” “io non posso stare senza di te” “io e te siamo una cosa sola” (no, non siete una cosa sola accidenti!).
Di conseguenza aggiungere l’amore in una storia dovrebbe renderla adatta ad un target femminile, ma taglia me fuori dal target e io sono una donna. Non è un controsenso ? ( per favore rispondi)
Ho 14 anni e una vagina, ma niente surplus di ormoni. Posso scrivere lo stesso?
Condivido 9 dei tuoi punti, ma quello sui dialoghi proprio non lo capisco… Insomma, è vero che far parlare l’eroe/guerriero/vendicatore come un poeta è scandaloso, ma d’altra parte non bisogna neanche esagerare facendo dire “cazzo” o “porca troia” ogni due secondi, no? Boh se ti va rispondimi che mi interessa questo argomento.
Beh, dipende. Se è coerente con il personaggio perché no? Ad esempio un guerriero rozzo e brutale, magari poco intelligente, che ha passato la vita a farsi comandare e che non avrà mai l’opportunità di fare carriera nell’esercito potrà usare il turpiloquio come valvola di sfogo. Talitha nei regni di Nashira della Troisi è la figlia di un nobile ed è presumibilmente stata educata a comportarsi “da signorina” e quindi, pur sapendo (più o meno) come combattere sarà più incline a trovare sconveniente un lessico troppo crudo.
E’ vero, hai ragione… però si può anche esprimere la personalità senza essere volgari. Per dire, Hagrid in Harry Potter parla sinceramente come un idiota, e anche un po’ burbero, ma nel suo lessico non trovi una sola parola ehm… poco carina (mi sembra di ricordare). E poi, anche solo per una fatto di coerenza, in un libro Fantasy ambientato in un altro mondo non si possono usare esclamazioni volgari tipiche del mondo reale…
PS: uno “stronzo” o “bastardo” ci starebbe pure nel Signore degli Anelli, è di ben altri insulti che parlavo, comunque.
PSS: ah, comunque è vero che alcuni tuoi articoli avrebbero dovute prendere il Nobel per la letteratura…XD
Avrei una domanda: se all’interno di un testo scrivo: “Era arrabbiata. Con Tizio, con quella voce che non voleva zittirsi e con quella maledettissima fune. E perché, anche se si sforzava, non riusciva a non essere triste”, mi conviene correggerlo e cercare di mostrare di più?
P.S.: So che dovrei farmi gli affari miei, ma perché le fanfiction sono il male? Chiedo così, solo per curiosità.
Aggiungerei: “Quando il cattivo viene chiamato Il Signore Oscuro”… Dopo che Tolkien (o qualcun altro) l’ha utilizzato in un libro fantasy… mio dio, adesso tutti si chiamano “Il Signore Oscuro”. Tranne se la cattivona è una donna, ma per me tra un po’ di tempo uscirà anche una “Signora Oscura”, “Miss”, se non è sposata. Garantito.
Mi trovo d’accordo su tutto tranne che sulla punteggiatura. Esiste e anche per un buon motivo, soprattutto perché rappresenta pause differenti. Dal saperla usare a leggere in modo corretto un testo teatrale, con le dovute pause e inflessioni, c’è un abisso. Però, come sottolineai tu, è una questione personale il fatto che non ti piacciano. Un autore che sa usare in maniera eccellente i diversi segni di interpunzione ha sempre una marcia in più rispetto a chi usa periodi sbrodolosi e lunghi o millemila frasi semplici con semplici punti.
se hai quattordici anni (anche mentali), una vagina e un surplus di ormoni, non scrivere MAI di vampiri, demoni e altre creature soprannaturali
sono d’accordo a metà su quello che hai scritto. se hai 14 anni, etc etc e sei una fan sfegatata di qll minkiata assurda k è Twilight e nn sai un caaaaaaavolo di letteratura, non azzardarti nemmeno a PENSARE di poter sfiorare una tastiera, o una penna. se hai 14 anni etc etc etc e 6 fermamente convinta che Twilight sia una storia di merda per tt i suoi buoni motivi e che la storia dell’amore eterno di Luce e Daniel (Fallen) sia una grande stronzata (cosa che poi si scopre nel 2 volume ma k perfino l’autrice ignora) e NON HAI UN SURPLUS di ormoni allora FORSE sì, puoi scrivere. e non sto difendendo le quattordicenni ma solo quelle he POTREBBERO FORSE risollevare le sorti dell’urban fantasy, il che è possibile solo se dall’universo letterario venissero eliminate le parole TI AMO e SEI LA MIA VITA dette in momenti talmente poco opportuni k mi verrebbe voglia di strapparmi i capelli uno a uno (Se esiste un momento opportuno x una frase così: DIMOSTRALO, NON DIRLO!) bene.
Sono con te con il #1. Ammazza.