Per chi non lo sapesse, l’universo dei fumetti DC è stato movimentato, negli ultimi mesi da un evento di nome Rebirth che ha rimestato e non poco le carte in tavola. Erroneamente definito un reboot (non lo è, la continuity è ancora quella incominciata nel 2011), Rebirth è un evento fortemente voluto dal nostro signore e salvatore Geoff Johns (sempre sia lodato) che ha riportato nell’universo del New 52 alcuni elementi della continuity che esisteva prima di Flashpoint, tra cui il Wally West originale e alcuni colpi di scena che sono personalmente molto curioso di vedere come saranno gestiti e approfonditi.
Rebirth è finora considerato un successo sia di vendite (a luglio la DC ha superato la Marvel per la prima volta in anni) e ha saputo anche accaparrarsi i favori della critica, cosa che, ad esempio, i New 52 non erano riusciti a fare. Ho cercato di leggerne il più possibile e devo dire che ci sono molte serie meritevoli, come Batman di Tom King, Detective Comics di Tynion, Wonder Woman di Rucka, Deathstroke di Christopher Priest e Green Arrow di Ben Percy. Di questi, magari, parlerò in futuro.
La serie che mi ha stupito in positivo più di tutte, è stata, strano ma vero, Aquaman di Dan Abnett, con disegni di Scot Eaton, Brad Walker e Philippe Briones.
Non sono mai stato un grande fan di Aquaman, ma in questo caso Abnett è riuscito a mettere in primo piano tutti i motivi che lo rendono uno dei personaggi principali della linea DC.
Il primo arco narrativo della serie, intitolato The Drowning, porta Arthur Curry a fare i conti con la sua doppia natura di umano e atlantideo, e a cercare il miglior modo di sintetizzarle.
Aquaman fino ad ora, sia come personaggio a sé stante sia come membro della Justice League, non è stato coinvolto in prima persona negli eventi di Rebirth, e la sua storia in pratica ricomincia da dove si era interrotta.
Durante gli eventi di Throne of Atlantis, Ocean Master, il nuovo re di Atlantide, ha dichiarato guerra alle terre della superficie. Da quel momento in poi, nonostante l’intervento di Aquaman e della Justice League, i rapporti tra Atlantide e la superficie sono a un minimo storico, e in particolare la tensione tra gli Stati Uniti e Atlantide è elevatissima. In un tentativo di distensione, Aquaman apre un’ambasciata che dovrebbe creare un ponte di collegamento tra la terraferma e gli oceani. Durante l’inaugurazione, però, un attentato a opera di Black Manta, rischia di mandare a monte tutti i piani di distensione di Arthur.
L’attacco all’ambasciata di Atlantide da parte di Black Manta e il successivo confronto con Aquaman sono un ottimo inizio per la storia. Senza contare che Abnett non dimentica di riassumere in breve i punti salienti della rivalità tra i due, rendendo la serie accessibile anche per chi ha poca dimestichezza con il personaggio.
Delle serie rilanciate con Rebirth, Aquaman è una delle poche a schierare fin da subito l’eroe contro il suo nemico storico. In Batman, Joker è infatti ancora missing in action dopo gli eventi di Superheavy e il twist di Darkseid War. Lex Luthor sta cercando di rigare dritto tra le pagine delle varie testate dedicate a Superman (per breve tempo, dopo Forever Evil, è anche entrato a far parte dei ranghi della Justice League). Flash del canto suo è impegnato con una serie di nuovi nemici e alleati. Trovo che quella di Abnett sia una scelta vincente perché in The Drowning Black Manta, pur essendo il fattore scatenante del conflitto, non è l’antagonista principale della storia. Abnett gli dà, tuttavia, la sua bella sottotrama e lascia intendere che sentiremo ben presto parlare ancora di lui.
The Drowning, in effetti, gioca di più sul duplice ruolo di Aquaman quale capo di stato ed eroe che sul classico rapporto supereroe/supercattivo. C’è gente che definisce Captain America: The Winter Soldier un thriller politico. Quella gente ha torto e probabilmente non ha mai visto un thriller politico. Ma se quella stessa gente leggesse Aquaman: The Drowning non ci metterebbe nulla a definirlo nello stesso modo. Non c’è un singolo nemico da affrontare, ma un interessante intrigo politico che culmina in un braccio di ferro tra Atlantide e il mondo di superficie.
Verso il finale, quando perfino Superman si schiera contro Aquaman, c’è un interessantissimo monologo di Arthur che spiega a Superman e al lettore come ci si senta a essere considerati l’estraneo anche all’interno della Justice League. E si tratta di una bella situazione, molto metatestuale. Per anni Aquaman è solo stato quel tizio che parla coi pesci, praticamente uno zimbello. In the Drowning, invece, lo vediamo sia cappottare carri armati senza eccessiva fatica, sia fare ricorso a tutta la sua abilità diplomatica per cercare di risolvere in maniera pacifica una situazione (cosa che, a causa di eventi esterni, evidentemente non gli riesce, da cui la necessità do cappottare carri armati).
Sfido chiunque a leggere The Drowning e non pensare poi che Aquaman spacchi i culi.
E a uscirne bene non è solo lui. Anche Mera, uno dei miei personaggi DC preferiti, fa una gran bella figura e, finalmente, mostra appieno quanto siano fondamentali i sui poteri (tanto è vero che sono anni che mi chiedo come mai sia lei sia Starfire non siano diventate membri permanenti della JLA, ma questa è un’altra storia).
La qualità generale della DC post Rebirth è molto alta, ma per quanto mi riguarda Aquaman: The Drowning è stato una sorpresa tanto inaspettata quanto gradita. Abnett ha preso un personaggio sì di primo piano, ma che negli ultimi anni non era stato strabiliante, e gli ha restituito la sua dignità, ponendo enfasi con precisione su tutte le caratteristiche che rendono Aquaman un pilastro della DC.